Abbiamo incontrato la dr.ssa Sonia De Balzo, Psicologa clinica e dello sviluppo, orientamento sistemico-relazionale e familiare, alla quale abbiamo posto alcune domande sul fenomeno dilagante delle baby-gang.
Si ritiene, secondo alcuni studi sperimentali, che il fenomeno sociale delle baby gang, esploso negli ultimi tempi, sia in realtà solo la manifestazione ultima di una realtà presente ormai da anni. Cosa pensa al riguardo Dott.ssa?
Sì, infatti, la violenza agita dai gruppi di adolescenti non è affatto un fenomeno recente, soprattutto se analizziamo la casistica di alcune regioni italiane risalienti ad alcuni decenni fa. Lo potremmo definire, piuttosto, un modus vivendi di giovani ragazzi che crescono in un determinato contesto socio- culturale e familiare, che sembrano aver perso il contatto con le regole sociali e prima ancora con la regolazione emotiva. L’elemento che potremmo definire “in crescita” oggigiorno è invece quello delle aggressioni di questi gruppi apparentemente immotivate.
La letteratura sul tema sottolinea come il comportamento violento e rabbioso sia frequente in età adolescenziale e come l’agito, paradossalmente, sembri garantire al ragazzo la possibilità di contenere, per lo meno transitoriamente, un senso di precarietà intollerabile.
Esattamente. L’aggressività nasce dal bisogno di esercitare un controllo sull’ambiente, e come tale, non ha connotazione violenta; ogni azione aggressiva corrisponde, infatti, al tentativo di far fronte alla minaccia di un’esperienza sfavorevole provocata dal contesto esterno: è un tentativo di affermazione e salvaguardia dell’Io minacciato.
L’agito comporta l’effrazione di limiti percepiti come costrittivi, ed instaura improvvisamente un processo di separazione e di rottura, di differenziazione rispetto all’altro, con il passaggio del ragazzo da personaggio passivo della relazione a protagonista attivo; in contemporanea costringe l’ambiente a reagire, obbligandolo brutalmente ad una risposta.
La violenza, dunque, è una domanda d’aiuto che si esplica in una posizione di dipendenza affettiva, e comprende messaggi contraddittori: infatti contemporaneamente sono presenti il bisogno di un’intensa relazione di dipendenza e la necessità di separarsi proprio dal rapporto di così grande e conflittuale coinvolgimento.
Spesso di fronte ad aggressioni e vandalismi commessi da giovani, si pensa immediatamente al fenomeno del bullismo. Qual è il suo parere in merito?
Pur avendo come sfondo comune il concetto di violenza i due termini vengono utilizzati spesso in modo improprio. Facciamo chiarezza.
Il bullismo è un fenomeno studiato all'interno del contesto scolastico, dalle scuole primarie a quelle superiori. Si tratta di prepotenze persistenti che un gruppo attua verso uno specifico soggetto spesso vulnerabile per etnia, identità sessuale, aspetto fisico o condizione psicofisica.
Per baby gang si intende invece un gruppo rigidamente strutturato nei ruoli, che commette azioni devianti e criminali, che prevede dei rituali "prove di coraggio" per entrare a farne parte. E' importante sottolineare che in Italia il fenomeno dei gruppi di minori devianti è un fenomeno che si differenzia dalle baby-gang tipicamente americane.
Negli ultimi anni si registrano frequenti episodi di violenza tra adolescenti nelle forme più disparate. Si passa dalla violenza di genere, perpetrata nei confronti del sesso opposto, al cyberbullismo.
Secondo il suo parere come è possibile spiegare questi comportamenti nei giovani di nuova generazione?
La gioventù di oggi cova un forte senso di malessere e disagio emozionale. Quasi sempre l’esito dovuta alla mancanza di supporto emotivo che spazia dalla famiglia, che non riesce più ad essere un punto di riferimento stabile e duraturo, alla scuola, alla società. Il disagio emotivo precede sempre lo sviluppo di quella personalità problematica che è anticamera di comportamenti predisponenti alla devianza di gruppo e che si manifestano attraverso una gamma più o meno sfumata di segnali “disturbanti”.
Secondo Lei esistono dei fattori predisponenti ad un comportamento aggressivo e violento?
Sicuramente un ruolo importante è da attribuire al temperamento del bambino. Un atteggiamento negativo di fondo, caratterizzato da mancanza di calore e di coinvolgimento da parte delle persone che si prendono cura del bambino in tenera età. Anche l'eccessiva permissività e tolleranza verso l'aggressività manifestata verso i coetanei e i fratelli crea le condizioni per lo sviluppo di una modalità aggressiva stabile.
Il rischio psicosociale legato alla violenza tra gruppi di pari è oggetto di studi e ricerche che hanno posto l’attenzione sull’abbandono scolastico, sulla delinquenza giovanile, sui disturbi psicologici risultati essere associati frequentemente a disturbi relazionali.
Quali sono i disagi emotivo – relazionali che ha ravvisato nella sua esperienza a contatto con i minori ospiti del carcere di Nisida?
In questi ragazzi è possibile evidenziare una struttura psicologica di base molto fragile tendente all’ aggressività come unico mezzo per gestire e risolvere i conflitti, una scarsa capacità di autocontrollo, una forte componente di ansia, bassa autostima, isolamento sociale, depressione, disperata ricerca di punti di riferimento nel gruppo dei coetanei.
Secondo il noto psichiatra Massimo Recalcati "L'escalation di violenza e il fenomeno delle baby gang sono il segnale di una crisi del discorso educativo. L'educazione è quel processo che porta alla rinuncia alla violenza, perché in primo piano c'è la legge della parola. Questi fenomeni mostrano invece che in primo piano non è la parola, ma la violenza totalmente gratuita". Qual è la sua opinione in merito?
Le numerose ricerche in questo campo evidenziano come la relazione educativa ricevuta all’interno della propria famiglia di origine sia di fondamentale importanza per l’instaurarsi di comportamenti violenti e devianti nel bambino.I “nuovi genitori” sembrano confusi e spaventati di fronte alle grandi responsabilità emotive che devono inevitabilmente affrontare nel percorso con il proprio figlio. Si è evidenziato comenelle famiglie dei giovani appartenenti alle gang si respiri un clima di ostilità, scarsa accettazione del figlio da parte dei genitori e l’adozione di uno stile educativo genitoriale autoritario, punitivo e spesso anche violento.
In che modo è possibile informare e supportare i genitori del Terzo millennio?
Con programmi ad hoc di formazione al ruolo genitoriale, il cui scopo è quello di migliorare le relazioni familiari e le tecniche di educazione dei figli puntando sulla creazione di un clima accogliente e sereno, che potenzi le risorse psicologiche ed emotive del bambino, e allo stesso tempo incoraggi i genitori ad adottare metodi coerenti nell’educazione dei propri figli e aiutarli ad aumentare il proprio autocontrollo nella relazione con esso.
Gli studi scientifici hanno sottolineato come la qualità dell’esperienza scolastica, intesa come socializzazione, condivisione di esperienze, crescita cognitiva e socio-affettiva del singolo, assume notevole rilevanza ponendosi come fattore di protezione o di rischio rispetto ai possibili percorsi evolutivi.
Purtroppo anche l’istituzione scolastica attualmente presente delle profonde lacune, dovute alla mancanza di opportuna informazione sull’argomento, difficoltà e/o mancata attuazione di strumenti efficaci atti a contrastare gli episodi di aggressività e violenza tra gli allievi; difficoltà di collaborazione all’interno della stessa rete scolastica tra il dirigente e i docenti, e con tutto il personale scolastico. Altre carenze potrebbero essere dovute alla mancanza di regole condivise all’interno dell’istituto scolastico, all’assenza di punti di riferimento adeguati e alla generale deresponsabilizzazione di tutti gli attori.
Secondo la Sua esperienza, quali potrebbero essere le strategie più funzionali da mettere in atto per prevenire tali disagi negli adolescenti di oggi?
Con l’attuazione di programmi di prevenzione-intervento attraverso campagne di comunicazione e di informazione rivolta agli studenti, a tutto il nucleo scolastico e alle famiglie; progetti che prevedanoazioni mirate per ogni ordine e grado di scuola e utili a valorizzare, potenziare e promuovere competenze e abilità personali deiragazzi, come l’autostima, l’autocontrollo, nonché la gestione delle proprie emozioni.