Il responso delle urne del 4 marzo non è un fenomeno improvviso come alcuni oggi interpretano, ma il risultato di un processo almeno ventennale nato con la fine della prima repubblica.
Nel 1994 dalla situazione fallimentare di tangentopoli emersero nuovi equilibri che attraverso vicende varie portarono alla creazione di due grandi blocchi mediante i quali si intendeva adottare un sistema politico bipolare nella convinzione, rivelatasi errata, di ottenere una maggiore governabilità.
Pertanto furono eliminati alcuni partiti minori ed i loro resti furono fagocitati dai grandi contenitori di centrodestra e di centrosinistra, con talvolta forzate ed innaturali fusioni. Quel periodo, durato decenni, è oggi finito: i due schieramenti egemoni a destra ed a sinistra, pur nell’alternanza di governo, non hanno retto di fronte alla grave crisi sociale ed economica e, soprattutto, non sono stati in grado di comprendere che il bipolarismo non riusciva a dare risposte a tutte le istanze sociali delle fasce più deboli.
A tutto questo si aggiunge il disagio di una società afflitta dalla insicurezza esistenziale, aggravata dalla perdita di riferimenti e dalla difficile situazione quotidiana in un mondo che alla perdita dei valori opponeva una globalizzazione disumanizzante.
Da qui il rifiuto pressoché totale dei due contenitori a destra ed a sinistra, con l’emergere di posizioni diverse come i pentastellati ed i leghisti, avvertiti non solo come movimenti di protesta ma come possibili artefici di grandi mutamenti.
Al di là delle critiche legittime o interessate, resta un fatto innegabile: la fine della seconda repubblica e l’inizio della terza, con la speranza che nuovi uomini e nuove formazioni possano risolvere le gravi problematiche della società italiana.
Questo ci spiega in parte il contenutissimo astensionismo e la massiccia partecipazione al voto non solo come protesta ma soprattutto come speranza.
Un voto che si è espresso mettendo in risalto ancora una volta le differenze antiche ed ancora in essere tra le due Italie, rivolto verso alcune formazioni non definibili a mio giudizio populiste ma popolari: al nord il ricorso alla Lega, al Sud ai cinquestellati.
Qual è stato il comportamento arginante dei due grandi contenitori in un frangente così difficile? Mentre il centrodestra è riuscito ad individuare un processo unificatore, in definitiva premiante, il centrosinistra si è frammentato con il risultato peggiore della sua lunghissima vita politica.
Nei fatti, si è tentato di arrestare l’orientamento dell’elettorato verso altre forme di composizione parlamentare, dopo anni di governi non eletti, adottando un sistema di voto che invece di promuovere nuova politica doveva essere un ostacolo contro le emergenti formazioni.
Alla fine i calcoli sono saltati e ci troviamo oggi nella condizione di stallo operativo.
Difficile quindi pensare ad un prossimo governo, probabile una nuova consultazione popolare.
Dalla speranza di poter finalmente eleggere un nuovo parlamento ed un governo eletto democraticamente siamo giunti al caos più completo, perché qualunque soluzione appare improbabile. Scartate le varie ipotesi di governo, resta quella più maneggiona ed all’italiana: il gruppo misto si infoltisce con le varie espulsioni e fughe interessate e costituisce il supermercato di parlamentari nel quale si va alla compera. Raggiunto il numero necessario si compone il nuovo governo.
Meglio di così..