Questa è la terza ed ultima parte del diario della povera ragazza vittima della cattiveria dei suoi compagni di studio.
- Come va, tesoro? Come è stata la tua giornata? mi ha chiesto mia madre stringendomi a sé.
- Tranquilla.
Ho deciso di non dire a nessuno dell’inferno che vivo a scuola per diversi motivi. Innanzitutto non voglio che i miei genitori sappiano quanta pietà desto. Poi, non voglio che si inquietino. Infine, sapevo che sarebbero andati ad incontrare il preside per dirglielo e sapevo benissimo che non avrebbero fatto altro che peggiorare la situazione. Sì, mi avrebbero trovata patetica. Sapevano che a scuola non ho mai avuto degli amici, quindi fingevo di averne per non fargli credere che avessero dato vita ad una pura merda.
- Ciao, Papà.
Mio padre era in cucina, al tavolo davanti al suo computer. Come al solito.
- Ciao cara. Hai avuto una buona giornata? disse senza alzare lo sguardo dal suo schermo.
Perché mi devono porre questa domanda ogni due giorni? Dovevo credere che sapessero...?
- Tranquilla, come al solito.
- Bene.
L’ho lasciato e sono andato in camera mia a fare i compiti. Ho fatto un salto nella stanza di mia sorella maggiore, accanto alla mia.
- Ciao Laura!
Lei era alla sua scrivania, studiosa, a fare i suoi compiti.
- Laura, come va?
- Ciao - ha detto senza alzare lo sguardo dal suo lavoro. Decisamente, era di famiglia. Laura era una sorella strana. Speciale. Fisicamente non mi somigliava molto.Era alta, con i capelli scuri, spessi e rigidi, mentre io ero una piccola bionda riccioluta. Ma nostro padre inglese ci ha dato le nostre uniche somiglianze: la pelle bianca, lentiggini e occhi verdi brillanti. Dedicava tutta la sua vita ai suoi studi ed era brillante. Avevamo solo tre anni di differenza, ma era come se ne avessimo almeno cinque. Quando stavo imparando a parlare, lei studiava. Quando giocavo con le Barbie, lei studiava. E ora che ero più grande, stava ancora studiando. Questo è stato anche il modo in cui ero riuscita ad ottenere la sua attenzione. Ho subito capito che i giocattoli non erano per lei, come fare dispetti o i complotti di gruppo. Ho a lungo, essendo piccola, cercato di attirare la sua attenzione rompendole le palle come meglio potevo, ma in gran parte ero riuscita ad attirare soprattutto le sue collere. Allora mi ero interessata all’unica cosa che amava: la scuola. Dunque, i compiti scolastici. Era sempre disposta ad aiutarmi, non senza lamentarsi, ma sapevo che amava spiegare perché non mi ha mai permesso di lasciare la sua stanza senza aver capito tutto.
Ho sempre finto il contrario, ma è stato grazie a lei che ero così brava a scuola ed ero sempre stata la prima nella mia classe. Non senza problemi, siccome stando così le cose ho sempre attirato l’odio degli altri bambini.
Laura era molto riservata, ma sapevo che anche lei aveva avuto la vita dura a scuola. Non si confidava mai, ma sentivo che aveva un grosso peso sul cuore. Sì, è stato davvero strana come sorella maggiore. Non eravamo molto unite, alla fine, ma sapevo che le volevo bene e anche lei mi voleva bene, anche se eravamo troppo orgogliose per dircelo. E anche se era noiosa, era piuttosto carina come sorella. E me lo avrebbe dimostrato in seguito, che avevo ragione. Ma torniamo ai nostri compiti. Un assegno di matematica, due esercizi di francese e un testo da leggere in spagnolo. Qualcosa di cui occuparmi per una buona parte della serata. Per domani. Yippee.