"Se mi lasci non vale..." diceva una famosa canzone. E invece lasciarsi vale e pure parecchio in termini economici. Nella maggior parte dei casi, prima di arrivare ad un accordo si passa nel tunnel delle beghe legali ed interpersonali, allungando i tempi ed alimentando le controversie sulle somme dovute. Somme spesso non corrisposte per le difficoltà economiche. Il legislatore, perciò, ha messo mano alla materia e dettato le regole per far veicolare molte pratiche verso una via d'uscita pacifica e risolutiva. Difatti, una bocca d'ossigeno arriva con il nuovo istituto ideato dal Legislatore ed introdotto dalla Legge di Stabilità del 2016. Si tratta del cosiddetto Fondo di Solidarietà a tutela dell’ex coniuge in stato di bisogno. Il Fondo in questione, gestito dal Ministero della Giustizia, prevede una dotazione di € 250.000 per l’anno 2016 ed un importo pari ad € 500.000 per il 2017. L'attuazione operativa del Fondo arriva con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Decreto di “individuazione dei Tribunali presso i quali avviare la sperimentazione del Fondo di Solidarietà nonche' la previsione delle modalita' per la corresponsione delle somme e per la riassegnazione al Fondo delle somme recuperate, ai sensi dell'articolo 1, comma 416, della legge 28 dicembre 2015, n. 208” (GU Serie Generale n.11 del 14-1-2017 - Decreto 15 dicembre 2016 del Ministero della Giustizia). Al fondo non possono accedere tutti, ma il “coniuge in stato di bisogno che non è in grado di provvedere al mantenimento proprio e dei figli minori, oltre che dei figli maggiorenni portatori di handicap grave, conviventi”, qualora non abbia ricevuto l’assegno periodico, a titolo di mantenimento, per inadempienza del coniuge che vi era tenuto. In questi casi, si può ricorrere al suddetto Fondo, previo deposito di un’istanza presso i competenti Tribunali con allegata e specifica documentazione, a pena di inammissibilità. L’istanza, se ritenuta ammissibile, deve essere trasmessa al Dipartimento per gli Affari di Giustizia del Ministero della Giustizia, presso cui è istituito il Fondo, ai fini della corresponsione della somma richiesta, nei limiti previsti dalla Legge. Successivamente il Ministero recupererà, dal coniuge inadempiente, le somme erogate. Se l’istanza è ritenuta inammissibile sarà trasmessa al Fondo con l’indicazione delle motivazioni del rigetto. Pertanto, non tutti possono ricorrere a tale istituto, ma solo chi è in grado di dimostrare di trovarsi in uno “stato di bisogno” ovvero chi può provare di non poter provvedere alle proprie esigenze di vita. Non sono mancate polemiche e critiche sull’istituto in questione, che riveste una funzione assistenziale e solidaristica. Il pomo della discordia è rappresentato dall'attuazione pratica del fondo che esclude i coniugi divorziati e non solo. Di qui il coro unanime che grida alla discriminazione di trattamento. Tra vuoti normativi ed incapacità di soddisfare tutti, la legge, a volte, guarda con occhio miope a determinate problematiche.