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Il fiume Sarno

Gioie per la politica, dolori per i cittadini

La Valle del Sarno è un territorio ricco di storia ma flagellato dalla devastante scelleratezza dell’uomo più che da alluvioni e frane, terremoti ed eruzioni vulcaniche.
L’omonimo fiume che percorre la valle  è lungo solo ventiquattro chilometri,  ma insieme ai suoi affluenti, Solofrana e Cavaiola,  sviluppa un reticolo idrografico di oltre 1.630 chilometri in un bacino di circa 400 chilometri quadrati. 
I comuni più importanti in esso compresi sono trentanove. 
Il Solofrana nasce in provincia di Avellino ed è lungo circa 20 chilometri. Le sue sorgenti sono pressoché esaurite ed è stato ridotto a canale artificiale alimentato quasi esclusivamente dagli scarichi delle concerie di Solofra, delle industrie di Mercato San Severino, di Fisciano e di Castel San Giorgio oltre che dai reflui urbani dei comuni che attraversa. 
Anche il torrente Cavaiola, lungo oltre 7 chilometri e che prende il nome dalla città di Cava dei Tirreni, si può dire alimentato per lo più da scarichi urbani ed industriali.
Questi due canali si uniscono nel centro abitato di Nocera Inferiore dando vita all’Alveo Comune Nocerino che confluisce nel fiume Sarno nei pressi di San Marzano sul Sarno. 
Il ramo principale del fiume, il Rio Foce, nasce alle spalle della città di Sarno, mentre le altre due sorgenti che lo alimentano, la Palazzo e la Santa Marina, si trovano rispettivamente nel centro abitato di Sarno e nella frazione Lavorate.
I tre ruscelli si uniscono più a valle, a formare il fiume che termina nel Golfo di Napoli tra Castellammare di Stabia e Torre Annunziata, di fronte allo scoglio di Rovigliano detto anche Pietra d’Ercole per i resti dell’antico castello che lo sovrasta.
Già gli antichi Romani avevano compreso l’importanza del fiume tanto da divinizzarlo e rappresentarlo iconograficamente: Virgilio lo ha celebrato; il filosofo e geografo Strabone ne ha evidenziato il ruolo di via commerciale e di  comunicazione  tra le popolazioni ivi esistenti; negli affreschi di Pompei e nelle sculture è stato raffigurato come un dio dalle sembianze umane. 
Del resto non sono lontani i tempi in cui dal fiume proveniva larga parte dell’economia della valle: molini per la produzione di farine alimentari, industrie tessili, mestieri come il pescatore di anguille, di rane e di gamberi di cui il corso d’acqua era ricco. 
Anche Ferdinando II di Borbone aveva compreso l’importanza del Sarno per gli abitanti dei luoghi e per scopi militari.
Infatti migliorò la viabilità dell’area con ponti e strade, realizzò opere di bonifica e rese il fiume navigabile fino alla Real Polveriera, costruita nel 1852 e che funzionava grazie all’energia ricavata dalle acque del Sarno! Dunque, il ruolo del fiume è stato centrale per lo sviluppo economico della valle, dove sono resciute di numero tutte le attività ed anche la popolazione che oggi supera i seicentomila abitanti. 
Ma a determinare la morte del fiume è stato proprio il progresso economico unito ad una sciatteria diffusa non solo tra la popolazione ma anche nella classe politica locale: ad appena qualche chilometro dalla sorgente,  infatti,  lungo le sponde si incontrano scarichi abusivi di ogni genere che diventano sempre più frequenti e consistenti. 
Inquinanti diversi, dopo aver contaminato campagne e falde freatiche attraverso i canali di irrigazione, raggiungono ed inquinano anche il mare.
Per decenni gli scarichi fognari dell’area sono finiti senza alcun controllo nei corsi d’acqua del bacino idrografico del Sarno con i reflui delle industrie  dell’Agro, delle concerie di Solofra, degli insediamenti chimici e metalmeccanici in prossimità della foce e della stessa attività agricola che ha assunto dimensioni ormai industriali. 
Il degrado ha vanificato la presenza di ricchezze storiche ed archeologiche dal potenziale economico straordinario mentre gli interventi, quelli realizzati in passato con risultati deludenti e quelli ancora necessari, hanno privato e priveranno di risorse economiche enormi l’intera area.
Se gli antichi Romani ed i Borbone per motivi diversi e con diverse modalità rispettavano e curavano il fiume Sarno, la classe politica del XX secolo (l'era della modernità!) ha interpretato il fiume e la sua valle esclusivamente come un bacino di voti ed un'occasione di lucro.
Fino a pochi anni or sono, infatti, non si contavano gli enti competenti sul bacino idrografico del Sarno in senso ampio, sul fiume propriamente detto, sui suoi affluenti e sui canali del reticolo, con risultati sui quali non è necessario soffermarsi essendo amaramente noti a tutti. 
Peraltro, la politica ambientale degli ultimi lustri, dichiarata dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta “largamente insufficiente” è stata distinta da sovrapposizioni ed a volte duplicazioni di competenze, con copioso utilizzo di denaro pubblico ma con risultati scarsi, contribuendo a condurre ad una condizione estrema l’intera area.
La storia moderna dei misfatti in nome del Sarno inizia per mano della Casmez, Cassa per il Mezzogiorno, che nel 1973 mise in campo l’ambizioso PS3, Progetto Speciale 3, con il chimerico traguardo di disinquinare l’intero Golfo di Napoli.
Il piano prevedeva la costruzione di una serie di depuratori che avrebbero garantito il trattamento delle acque provenienti da ben 195 comuni della Campania.
Nel progetto, il Bacino del Sarno era diviso nei comprensori di Alto Sarno, Medio Sarno e Foce Sarno, in ciascuno dei quali era previsto un depuratore per la cui realizzazione nel 1979 il CIPE assegnò un finanziamento di 164 miliardi di lire. 
I tre depuratori dovevano essere ultimati in poco più di tre anni.
Ma dopo sette anni, nel 1986, la Cassa per il Mezzogiorno venne sciolta, la competenza passò alla Regione ed il PS3 venne recepito nel Piano Regionale di Risanamento delle Acque.
Manco a dirlo: i famosi depuratori da 164 miliardi di lire ancora non si vedevano né si sarebbero visti per altri anni! Infatti quando nel 1992, a venti anni dall’inizio del percorso PS3, il Consiglio dei Ministri dichiarò lo stato di emergenza nel bacino e ne affidò la gestione commissariale al Prefetto di Napoli, dei tre impianti previsti due erano ancora in costruzione, Alto Sarno e Foce Sarno, mentre del depuratore del Medio Sarno non vi era traccia. 
Non sappiamo dire se nel frattempo vi furono altre rimesse di danaro oltre i 164 miliardi di lire stanziati un ventennio prima anche se propendiamo per il si, considerata la consuetudine dell'adeguamento dei prezzi nella realizzazione di opere pubbliche.
Comunque, a prescindere dalle ulteriori iniezioni di danaro pubblico, i tempi erano maturi per...spendere altri soldi.
E così nel 1994, ritenuto il PS3 superato e non più rispondente alle necessità del territorio (sono passati più di venti anni!), Regione, Ministero dell’Ambiente ed ENEA avviarono indagini scientifiche sulle problematiche del comprensorio Medio Sarno, privo di qualsiasi sistema depurativo.
Naturalmente poiché senza soldi non si cantano messe né tantomeno si svolgono indagini scientifiche, anche questa volta furono spesi soldi della collettività.
Nell’ambito del sistema di convogliamento delle acque era prevista, da parte del Commissario, anche la progettazione e la realizzazione del completamento delle reti fognarie interne dei comuni della zona ed a questo proposito è lecito domandarsi: che cosa hanno fatto di rilevante per le loro collettività quelle amministrazioni comunali che non hanno realizzato neppure le fogne? Non dimentichiamo che i comuni più importanti dell'area fiume Sarno sono ben 39. 
Ma la responsabilità dei politicanti locali non solo non si esaurisce qui ma viene anche ufficializzata in un documento ai massimi livelli.
Infatti, la Commissione parlamentare d’Inchiesta sulle Cause dell’Inquinamento del Fiume Sarno, istituita nel 2003 e presieduta dal Senatore Carmine Cozzolino, mise in luce le gravi inefficienze delle autorità istituzionali.
Basti dire che circa 200 chilometri di alvei, che avrebbero dovuto assicurare il deflusso delle acque piovane dai monti verso la pianura, sono stati trasformati in strade e circa 100 chilometri sono stati, invece, tombati che significa completamente chiusi. 
Alla faccia della sicurezza dei cittadini!
Per vedere finalmente dei risultati si deve attendere il Comandante Generale a riposo dell’Arma dei Carabinieri Roberto Jucci, non nuovo ad incarichi di grande responsabilità e prestigio ed insignito anche all’estero dei più alti riconoscimenti, nel 2003 nominato Commissario Straordinario per il superamento dell’emergenza socio-economico-ambientale nel bacino idrografico del fiume Sarno.
Come dire: alle chiacchiere della politica incapace, dilatoria, opportunista, litigiosa, speculativa e menefreghista, sostituiamo l’autorità del comando! Bella attestazione di maturità per la nostra classe dirigente.
Il 30 giugno 2011, il Generale, ormai 85enne, lascia l’incarico.
A dicembre 2011, dopo soli otto anni, il consuntivo dei lavori è rappresentato da:

  • 6 impianti di depurazione; 
  • 4 reti di collettori di oltre 50 km;
  • 31 reti fognarie di circa 700 km;
  • 4 interventi idraulici;
  • oltre 500.000 tonnellate di fanghi dragati, trattati e portati in discarica;
  • 4 siti di stoccaggio e trattamento fanghi;
  • altre opere minori importanti per l’ambiente, come la passeggiata sul fiume realizzata in località Foce;
  • attività di contrasto e repressione degli sversamenti illegali.

Giova ricordare che anche Jucci, nonostante il piglio e la determinazione, ha subito qualche sgambetto politico che ha rallentato il corso dei lavori ma, soprattutto, ha creato danni ai cittadini.
Come per le reti fognarie di Nocera Inferiore e di Scafati, non completate per il mancato cofinanziamento da parte della GORI che pur aveva aderito al progetto.
Dopo Jucci la politica si riappropria del Bacino del Sarno e rimette in campo le sue manfrine perditempo e perdisoldi varando il Grande Progetto Sarno. Siamo tornati alla fase di progetto, con buona pace di quanti hanno lavorato per realizzare le opere prima elencate e vi siamo tornati alla grande, nel pieno delle girandole politichesi, con tavoli di lavoro, conferenze, incontri di programma e prese di posizione diverse a seconda del partito politico o dell'orticello personale da coltivare.
Così registriamo l'urlo di chi a Castel San Giorgio, per evitare gli allagamenti, inutilmente chiede di ripristinare le numerose vasche di laminazione presenti sul territorio mentre, invece, i capoccioni vogliono allargare l'alveo fluviale del Solofrana tra Mercato San Severino e Castel San Giorgio. Appare chiaro che per i politicanti sia di gran lunga preferibile l'opera di allargamento del torrente invece che quella di pulizia delle vasche: è una questione di spesa!
Ancora una volta l’amara conclusione è che la politica nostrana troppo spesso è sorda e cieca di fronte alle necessità dei cittadini guardando, piuttosto, agli interessi di bottega se non anche a quelli personali di biechi individui che, ahimè, noi stessi come elettori abbiamo spedito su quegli scranni.
Scafati docet: quando Jucci propose la realizzazione delle vasche di laminazione per contenere le esondazioni del Sarno, il consigliere comunale Aliberti nel giugno del 2007, dai banchi dell'opposizione, assunse una rigida posizione contraria. 
Poi, divenuto Sindaco, cambiò opinione e sponsorizzò le vasche affermando che “Con le vasche di laminazione, questa emergenza (gli allagamenti n.d.r.) probabilmente non si sarebbe proprio presentata. Dovremmo ricordarci di questi momenti critici, quando si polemizza". Peccato che nel frattempo la città di Scafati abbia subito altri allagamenti con danni e disagi per i suoi abitanti.
In Consiglio Comunale molti si sono chiesti il motivo delle giravolte di Aliberti “Nel 2007 Aliberti era contrario alle vasche di laminazione. Vorrei sapere ... se all’epoca faceva solo opposizione strumentale per diventare Sindaco”.
Ed ancora “Aliberti è stato assente in tutte le riunioni e non ha mai coinvolto la città su questo importante tema. Penso sia stato, questo progetto, (Grande Sarno n.d.r.) motivo di scambio per altre cose. Ci spieghi perché hanno cambiato idea sulle vasche” Alla luce di quanto sopra, le considerazioni sulla gestione della cosa pubblica sono mortificanti per la dignità dell'uomo e scoraggianti per il futuro riservato alla nostra area. 

  • Se è vero che “prima di Jucci erano stati dissipati più di 2.000 miliardi di lire per provare a lavare il Sarno, in una missione che sembrava impossibile”;
  • se è vero che “a Scafati ora c'è uno dei depuratori più moderni d'Italia, costato 67 milioni di euro e costruito in 5 anni. Per quello di Napoli est ci sono voluti il doppio dei soldi e il triplo del tempo”; 
  • se è vero che “il collettore di San Marzano è lungo 12 chilometri per una spesa di circa 26 milioni di euro. A Napoli est con più soldi hanno fatto un collettore di appena 3 chilometri”;
  • se è vero che“a Solofra il vecchio depuratore perdeva più 300 mila euro al mese e aveva accumulato un deficit di oltre 6 milioni. Con la gestione di Jucci, le perdite si sono azzerate ed il depuratore guadagnerà circa mille euro al giorno”; 
  • se è vero che “quando nel 2008 sembrava  che il Generale non sarebbe stato confermato nell’incarico e che il completamento delle opere sarebbe passato alla Regione, i 39 Sindaci della valle del Sarno, di centrodestra e di centrosinistra fecero tutti - tranne un paio - un appello al governo: non mandare via il Generale Commissario. Una piccola e pacifica rivolta. Dopo trent'anni di ruberie e scialo, non volevano più tornare indietro e gettar via denaro”. 

Se tutto ciò è vero, significa che quella appena raccontata “è una storia alla rovescia, nell'Italia sciupona e cialtrona delle opere pubbliche che non finiscono mai”. 
Una storia che dimostra come la politica sia stata svuotata del suo nobile significato di gestione oculata, responsabile ed onesta degli interessi collettivi, con il solo scopo di essere utile a tutti, per l’orgoglio di essere un esempio per la generazione presente e per quelle future. Troppi piccoli uomini fanno politica! Senza dignità ed amor proprio! Disposti a vendersi ai delinquenti per l’interesse personale e per il danaro, unico valore della loro misera esistenza. 
Per fortuna vi sono ancora persone capaci anche di giocarsi la vita per i valori veri, ed è a queste che dobbiamo guardare nella speranza, ultima dea, che il futuro dei nostri figli sia migliore.

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