Mentre camminavo per le strade dove sono cresciuta, in questi giorni mi è capitato di provare uno strano, improvviso senso di libertà. La gente è più serena e sembra quasi di sentirla respirare. Da un po’ di tempo c’è un senso di pace, a Pagani, che spinge le persone a sentirsi solidali, partecipi, più vicine.
Gli anziani ritornano bambini, i più giovani diventano desiderosi di conoscere, di far propria la storia del loro paese e ringraziano la Madonna di averli ispirati perché entrambi, padri e figli possano collaborare per costruire insieme qualcosa di bello ed eterno. I toselli in onore della Madonna delle Galline (cioè i portoni che un tempo ospitavano i pellegrini nei pellegrinaggi mariani) sono così pregnanti dello spirito della festa che non si può non dire, guardandoli, che sono meravigliosi.
Molti non riconoscono a loro stessi nessun merito. E’ merito della Madonna , dicono. Ma chi le ha viste lavorare sodo, queste persone, sa che quella ricchezza già era lì, nel loro cuore, e aspettava solo un’ occasione per esplodere. Ho voluto parlare con la gente perché potessi vedere questo miracolo coi loro occhi e , forse c’entra la Madonna, ci sono riuscita.
Quando le raggiungo “e’ pacchiane ’e Gioacchin” (Tortora Raffaella e Forino Anna) stanno già parlando della festa e di quando erano ragazze.
Mi spiegano che le chiamano “e’ pacchiane” per il loro modo di vestire, con gonne lunghe e scialli di lana, conservati apposta per sfoggiarli il Giovedì Santo, quando si preparavano “p’o struscio” cioè le passeggiate per il corso con le amiche per farsi sbirciare di nascosto dai ragazzi che dovevano tenere il loro amore segreto, come voleva l’etica un tempo. E così vestite, il giorno della festa entrambe accompagnavano il noto tammorraro Gioacchino cantando e ballando da Via Striano alla Chiesa della Madonna delle Galline fino a Piazza Municipio dove ballavano scalze fino al rientro della Madonna previsto per il tramonto ( a’ calata e’l’ora).
<<Si ballava in modo diverso da come si fa ora- dicono- le mani mimavano i movimenti delle colombe e gli sguardi erano rivolti verso il cielo per rendere grazie alla Madonna>>. Sono un po’ contrarie alle novità portate dai giovani perché loro incarnano la tradizione e vorrebbero che si conservasse così in eterno.
Di quel tempo lontano nel tempo che era la loro gioventù qualcosa si è conservato, come l’usanza di fare doni alla statua della Madonna , per di più galline, che il donatore fa al prete e che quest’ultimo fa passare sotto la statua in cambio di un’ offerta simbolica.
Qualcos’altro si è perso, come l’usanza di vendere zappe e strumenti per lavorare la terra direttamente nel Santuario. Qualcosa di nuovo si è insidiato nello spirito della festa, come l’allestimento dei toselli, che la signora Anna e la signora Raffaella,dicono non ci fosse ai loro tempi.
Di sicuro i giovani fanno del loro meglio per conservare questi usi e la prova è Rita Vitolo che balla da quando aveva quattro anni: <<Mia madre mi portava alla festa e mi incoraggiava a ballare e da allora non ho più smesso. Il suono delle tammorre mi scuote, mi fa tremare come se scandisse il ritmo del mio cuore- dice- ed io aspetto che scatti quel qualcosa che immediatamente si traduce nel ballo. Il mio amore per i balli popolari è come la Fede, va coltivato >>. Rita crede profondamente nell’ importanza di conservare le origini, senza le quali rischiamo di perdere noi stessi, e lo fa insegnando questi balli ai più piccoli. Mentre parla ha lo sguardo perso ed estasiato come chi è innamorato ed è impossibile non ascoltarla. Ci racconta di quando, incinta, non poteva ballare: <<Sentivo le gambe muoversi da sole, come se il mio sangue mi chiedesse di ballare. Tutta la mia vita è incentrata su questa festa, persino mia figlia, quando la guardo imparare a camminare, mi ricorda il suono delle tammorre che inizia cauto e inesperto e poi cresce, si fortifica, diventa MUSICA>>.
Mentre la ascolto mi rendo conto di quanto, a dispetto del tempo che passa, questa festa metta d’ accordo il vecchio ed il nuovo, rendendo l’uno indispensabile all’altro nel Presente che è la vita.
Il ricordo rende immortali, azzera il tempo, lo ferma.
Annunziata e Antonio sono sposati da oltre cinquant’anni e mentre mi raccontano di come si preparavano al passaggio della Madonna “abbasc’a l’uort” (un cortile di Via Campitelli), ritornano i due giovani innamorati che stendevano le lenzuola merlettate ai balconi e allestivano il banchetto dove veniva poggiata la statua. <<Ora la statua non passa più di qui- mi dicono un po’ amareggiati- e questo da quasi due anni>>.
E’ difficile tenere il passo con la città che cresce e molte strade sono state chiuse perché anche più in periferia si possa assistere alla processione. <<Facevamo delle cornici con il pane intorno ai quadri della Madonna e iniziavamo a cuocere la pasta solo dopo il passaggio della statua>>.