Definito il fenomeno sociale, al contrario dell’immigrazione, porta un singolo individuo o un gruppo di persone a spostarsi dal proprio luogo originario verso un altro luogo.
"A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che «ogni straniero è nemico". Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all'origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager.” (Primo Levi).
Correva l’anno 1860 quando, l’Italia, ha assistito alla sua prima massiccia emigrazione. Si scappava dalla povertà per progettare un futuro migliore nelle americhe prima, in Europa poi.
Ma perché si scappava dal Belpaese? La risposta di un emigrante italiano ad un ministro italiano ha fatto la storia: « Cosa intende per nazione, signor Ministro? Una massa di infelici? Piantiamo grano ma non mangiamo pane bianco. Coltiviamo la vite, ma non beviamo il vino. Alleviamo animali, ma non mangiamo carne. Ciò nonostante voi ci consigliate di non abbandonare la nostra Patria. Ma è una Patria la terra dove non si riesce a vivere del proprio lavoro? » (Riportata da Costantino Ianni - Homens sem paz, Civilização Brasileira, 1972, ed esposta nel Memoriale dell'immigrato di San Paolo).
Il fenomeno ebbe un forte freno soprattutto nel periodo Fascista, ma ripartì subito dopo le Guerre.
L’Italia è sempre stata vista come una Nazione emigratoria ed, in 100 anni, ha visto spogliarsi di 24 milioni di persone. Bisogna aspettare il 1973 per registrare un aumento di immigrati rispetto agli emigranti. Un dato in continua crescita, anche se negli ultimi tempi c’è una forte ripresa di partenze soprattutto da parte dei giovani. Perché si va via? La motivazione è sempre la stessa: per cercare un futuro migliore dato che la nostra Patria non offre spiragli per noi giovani (e non solo) italiani, bensì accordi di Stato permettono gli immigrati di mantenersi senza lavoro. Si lucra sugli stessi e nessuno ha intenzione di alzare un dito per il futuro di questo Paese. La domanda sorge quasi spontanea: ma perché non ci si concentra sugli italiani piuttosto che sugli immigrati? Perché abbiamo ancora oggi, dagli anni settanta, “la politica delle porte aperte”? Forse perché restiamo l’accesso più facile all’Europa per le nuove forme di terrorismo?
“Per quelli che l’attraversano ammucchiati e in piedi sopra imbarchi d’azzardo, il Mediterraneo è un buttadentro. Al largo d’estate s’incrociano zattere e velieri, i più opposti destini. La grazia elegante, indifferente di una vela gonfia e pochi passeggeri a bordo, sfiora la scialuppa degli insaccati. Non risponde al saluto e all’aiuto. La prua affilata apre le onde a riccioli di burro. Dalla scialuppa la guardano sfilare senza potersi spiegare perché, inclinata su un fianco, non si rovescia, affonda, come succede a loro. Qualcuno di loro sorride a vedere l’immagine della fortuna. Qualcuno ci spera, di trovare un posto in un mondo così. Qualcuno di loro dispera di un mondo così.”(Erri De Luca).